IL BOSTRICO NELLE FORESTE DEL TRENTINO

A distanza di 6 anni dalla tempesta Vaia che, oltre a provocare ingenti danni diretti, ha creato le condizioni per la diffusione del bostrico, la l'epidemia è ancora in corso anche se in calo, come diffusamente illustrato nell'aggiornamento 2024 del "Piano bostrico" del'11 ottobre 2024 (deliberazione della giunta provinciale n° 1602 del 2024, vai all'aggiornamento) che si adegua tra l'altro alle modifiche apportate alla L.P.11/2007 art.98 bis. Questo articolo ha introdotto infatti da un lato, semplificazioni amministrative legate all'emergenza bostrico nei comuni amministrativi classificati dal piano come prioritari per l'esbosco del materiale danneggiato; dall'altro prevede limitazioni alle autorizzazioni per il taglio di legname fresco nei popolamenti a prevalenza di abete rosso all'interno dei catasti classificati a medio o elevato rischio di progressione della pullulazione.

Passato il culmine dell'estate 2022, i livelli di presenza dell'insetto sono infatti rimasti elevati nel 2023 anche se in leggero calo, registrando invece un netto calo nella prima parte dell'estate 2024 confermato dai dati di cattura al 20 luglio 2024, con catture medie pari a 3.787 individui/trappola, inferiori del 79% a quelli del 20 luglio dell'anno 2023 e dell'81% rispetto al 2022. 
É ancora evidente una certa variabilità spaziale, con catture medie per distretto (al 20 luglio 2024) che variano tra 1.927 individui/trappola a Borgo e i 6.328  individui/trappola di Cavalese.

Il trend appare confermato anche dal calcolo della percentuale di trappole che hanno già superato la “soglia” epidemica di catture al 20 luglio 2024: in media su tutto il territorio provinciale solo il 14% delle trappole è in tale situazione critica, sebbene potrebbero aggiungersene altre entro la conclusione della stagione.
La motivazione di tale drastica riduzione è in parte da ricercare nel naturale decorso delle infestazioni, che dopo qualche anno dal loro inizio, in assenza di fattori che possono far ripartire il processo, tendono a estinguersi per aumento della competizione intraspecifica e dell’impatto degli antagonisti naturali.
D’altra parte, l’andamento meteorologico della primavera e inizio estate, con temperature inferiori alla media e precipitazioni frequenti, ha di fatto ostacolato il volo degli svernanti, che si è mostrato tardivo, irregolare e prolungato nel tempo, anche a basse quote. La stagione utile per lo sviluppo del bostrico è risultata quindi accorciata.
Stante il miglioramento registrato dal monitoraggio delle catture, continuerà l'attività monitoraggio sia dei danni ai boschi, che della popolazione del coleottero.

Al 1 giugno 2024 i danni attribuibili al bostrico ammontano, nel periodo 2019-2024, a circa 2,7 milioni di metri cubi di legname. 
In termini di superficie, sono stati interessati da attacchi di bostrico oltre 13.422 ettari di boschi, prevalentemente nel settore orientale, dove la perdita di copertura della superficie boscata raggiunge valori significativi, in particolare su alcuni bacini idrografici.

Di seguito alcuni informazioni su questo insetto ed una serie di risposte alle domande più frequenti riguardo alla sua biologia, ai metodi per riconoscere le piante infestate ed alle strategie di lotta possibili.

Il bostrico è un piccolo coleottero presente naturalmente nei boschi di abete rosso dell’arco alpino. La presenza di grandi quantitativi di piante danneggiate disperse nei boschi ha permesso alle popolazioni di bostrico di passare da una presenza endemica ad una presenza epidemica, destinata a durare qualche anno. In previsione di tale pullulazione, che si verifica regolarmente dopo estesi danneggiamenti dei boschi per schianti da vento o da neve, la provincia di Trento subito dopo la tempesta Vaia aveva attivato un sistema esteso di monitoraggio delle popolazioni dell’insetto, in collaborazione con la Fondazione Mach.

BIOLOGIA DEL BOSTRICO

Cos'è il bostrico?

L’Ips thypographus, meglio noto come bostrico tipografo, è un piccolo insetto coleottero del gruppo degli Scolitidi, di forma cilindrica e di colore bruno, lungo circa 4-5 mm. E’ endemico dei boschi del Trentino e attacca prevalentemente l’abete rosso, in cui si sviluppa sotto la corteccia scavando intricate gallerie, che interrompono il flusso della linfa; in tal modo porta inevitabilmente a morte le piante in breve tempo.

individuo adulto

In primavera, i maschi sopravvissuti all’inverno penetrano nelle piante e costruiscono una camera nuziale, in cui si accoppiano in genere con due-tre femmine. Queste scavano poi gallerie lunghe fino a 10-15 cm e parallele all’asse del tronco, dove depongono in media 80 uova.

Camera nuziale e deposizione delle uova

Le larve (bianche, senza zampe e con il capo scuro), nutrendosi, scavano gallerie di 5-6 cm in senso ortogonale all’asse del fusto, ma sempre sottocorticali; al termine dello sviluppo si trasformano in adulti, dando vita a una nuova generazione che potrà insediarsi su altre piante. Ciò può avvenire nello stesso anno, se le condizioni climatiche lo consentono, oppure nell’anno successivo, dopo lo svernamento. 

larva di bostrico

Le gallerie scavate dalle femmine e dalle larve danno origine ai caratteristici sistemi che spiegano il nome di tipografo dato alla specie.

galleria scavate dalle femmine (parallele all'asse del fusto) e dalle larve (ortogonali all'asse del fusto)

Come riconoscere una pianta attaccata?

Il bostrico colonizza singole piante indebolite o sotto stress, scavando piccoli fori nella corteccia. L’infestazione può essere riconosciuta già all’inizio grazie all’emissione di rosura rossastra dal foro di ingresso; in caso di pioggia, tuttavia, questi segnali non sono più visibili. Un altro sintomo è la perdita di resina, prodotta dalla pianta nel tentativo di difendersi dall’attacco, che può colare lungo il tronco.

Foro di entrata del bostrico

Spesso la pianta è attaccata nella sua parte medio-alta e pertanto è più difficile individuare sintomi evidenti.

I segni tardivi della colonizzazione dei tronchi - che però non consentono alcun controllo efficace - sono la decolorazione degli aghi, la loro caduta con la chioma ancora verde, il distacco della corteccia, le specchiature del picchio.

Caduta degli aghi ancora verdi a causa di un attacco di bostrico

Quando la chioma assume un colore rosso intenso, gli insetti si sono in genere già involati. Alla fine le piante presentano una colorazione grigia per la perdita completa degli aghi; in quest’ultimo caso gli insetti si sono allontanati già da diverso tempo.

Perché gli abeti rossi infestati dal bostrico muoiono?

Una volta penetrato sotto corteccia, il bostrico scava delle gallerie di riproduzione. Le larve a loro volta scavano altre gallerie perpendicolari all’asse del fusto, che interrompono il flusso di linfa nel floema. In tal modo gli zuccheri prodotti dalla chioma non raggiungono più le radici. Inoltre, quando penetrano nei tronchi, gli adulti trasportano anche funghi patogeni, che intasano i vasi di conduzione dell’acqua nell’albero (xilema). Entrambi i fattori, la distruzione del floema da parte delle larve e la ridotta conduttività dell’acqua dovuta all’infestazione fungina, portano gli abeti a morte rapida nel periodo di vegetazione.

Il bostrico sotto corteccia muore durante l'inverno?

Le uova e le larve giovani muoiono a temperature inferiori a -10, -15°C persistenti per diversi giorni. Le larve mature e le pupe presentano una maggior resistenza e gli adulti maturi possono sopravvivere anche a lunghi periodi di freddo. Negli inverni miti e umidi il bostrico svernante sotto corteccia può subire danni a causa di infezioni fungine, che però non hanno un’influenza decisiva sulla densità di popolazione.

Quando inizia l’attività di diffusione del bostrico in primavera?

Il bostrico di solito inizia a sciamare in primavera da metà/fine aprile, raramente già alla fine di marzo, con temperature superiori a 16,5°C e tempo asciutto, anche se i voli diventano significativi sopra i 18°C. Tuttavia, in primavera, anche altri fattori sono decisivi nell’avvio dello sfarfallamento, come la durata della luce del giorno e la somma delle temperature (gradi giorno, indicanti una stima delle ore di riscaldamento necessarie).

Così, secondo lo stato attuale delle conoscenze, tre condizioni devono essere presenti perché gli svernanti inizino il loro volo in primavera:

  • una temperatura dell’aria superiore a 16,5 °C;
  • una certa somma di temperatura (con valori soglia noti, ma probabilmente da rivalutare in un contesto di cambiamento climatico);
  • una certa durata della luce diurna, come si ha circa da metà aprile in poi.

Quando termina l’attività di diffusione del bostrico in autunno?

L’attività di diffusione può terminare solo dopo diversi giorni con temperature diurne e notturne costantemente sotto i 16,5°C, precipitazioni persistenti o un periodo di luce diurna troppo breve (<14 ore) in autunno.

Che influenza hanno la temperatura e la luce sull’attività di sciamatura e di infestazione?

La temperatura e la durata della luce diurna influenzano l’attività del bostrico. Il volo di sciamatura inizia con una temperatura diurna di 16,5° e una durata della luce diurna >14 ore.

A seconda della temperatura, gli adulti impiegano da 1 a 2 settimane per creare la camera nuziale, per accoppiarsi e per deporre le uova. Dopo di che possono involarsi nuovamente per creare una nuova covata, che dà origine alla cosiddetta generazione sorella.

Anche la velocità di sviluppo dei singoli stadi è fortemente dipendente dalla temperatura. L’intero ciclo di sviluppo, da uova ad adulti, dura da 6 a 8 settimane Gli adulti neoformati necessitano, inoltre, di una fase di alimentazione, sempre sotto corteccia, per diventare individui maturi; tale fase richiede in genere 1-2 settimane, anche in questo caso in base alla temperatura.

Individuo immaturo e pupa (fase di trasformazione da larva in adulto)

Per questi motivi, mentre in alta quota si sviluppa una sola generazione in un anno, a quote medio-basse si svolgono facilmente due generazioni.

Quando si passa da una fase endemica a una fase epidemica?

La presenza in bosco di materiale schiantato, ancora integro e umido, favorisce la proliferazione del bostrico, portandolo dallo stato endemico a quello epidemico, condizione in cui esso diventa aggressivo e attacca anche piante sane in piedi. Lo spostamento progressivo su nuovi nuclei di piante produce danni estesi, talora senza soluzione di continuità. A favorire le pullulazioni concorrono periodi caldi e siccitosi, soprattutto in primavera-estate.

Quanto può durare una infestazione da bostrico?

Le esperienze dei paesi centro-europei hanno dimostrato che le pullulazioni di bostrico, che si sviluppano dopo gravi eventi di schianto di alberi, durano in media 5-6 anni, con la massima infestazione nel 2° e 3° anno e una riduzione progressiva in quelli successivi. Va tuttavia rilevata l’importanza degli andamenti stagionali più o meno favorevoli all’insetto. In generale inverni lunghi e freddi riducono il tempo a disposizione per lo sviluppo di due generazioni annuali e aumentano la mortalità invernale. Estati fresche e piovose accrescono la resistenza delle piante, mentre prolungati periodi siccitosi durante il periodo vegetativo accrescono la sensibilità delle piante all’attacco degli insetti.

Un albero riesce a resistere all’attacco del bostrico?

Se la disponibilità di acqua è sufficiente e la vitalità dell’albero è alta, l’abete rosso può inizialmente difendersi dall’attacco dei coleotteri della corteccia. La foratura innesca il flusso di resina della pianta, che uccide i singoli coleotteri. In anni normali, se il numero di coleotteri è molto elevato (1000), un abete rosso non riesce ad ucciderli tutti. Se poi l’abete rosso è indebolito da lunghi periodi di siccità anche il potere difensivo degli alberi è ridotto perché c’è troppo poca acqua disponibile per la produzione di resina. In questo caso anche un numero inferiore di coleotteri (200) può essere sufficiente per attaccare con successo le piante.

Il bostrico ha nemici naturali?

Sì, tra gli antagonisti naturali vi sono predatori (coleotteri e picchi), parassitoidi (vespe) e funghi. Pur non essendo in grado di impedire la pullulazione, essi contribuiscono, assieme ai meccanismi di autoregolazione della popolazione di bostrico e all’andamento climatico, a far rientrare le fasi di picco delle pullulazioni.

DIFESA DAL BOSTRICO

E’ possibile contenere l’infestazione?

Sebbene sia molto difficile individuare gli alberi infestati, è molto importante riconoscere repentinamente i primi sintomi di attacco, come i fori di entrata o l’emissione di resina lungo il tronco. L’individuazione precoce degli alberi infestati e il loro immediato abbattimento, seguito da esbosco o scortecciatura, costituiscono nell’insieme la più efficace misura di lotta contro il bostrico, ma solo se avviene prima che gli adulti abbiano abbandonato le piante, quando ancora non sono visibili gli arrossamenti che indicano l'avvenuto sfarfallamento.

Nel caso invece le chiome siano già arrossate o grigie può essere conveniente lasciare le piante in bosco a protezione di quelle ancora sane, sia perché fungono da schermo per la radiazione solare, sia perché al loro interno sono ancora presenti gli antagonisti naturali del bostrico, che possono contribuire al suo contenimento.

le piante dalla chioma arrossata sono già state abbandonate dagli insetti, la loro asportazione risulta inefficace, soprattutto su versanti intensamente attaccati

In un contesto endemico i focolai, isolati e di piccole dimensioni, riescono ad essere controllati in maniera efficace con l’asportazione delle piante attaccate nelle quali l’insetto è ancora presente, che sono in genere piante ancora verdi; le piante con chioma arrossata o secca, infatti, sono state già abbandonate dagli insetti.

Nell'immagine un focolaio iniziale: in questo caso, per bloccare l'infestazione, può essere utile asportare le pianti verdi vicine a quelle secche

In caso di forte pullulazione, con il moltiplicarsi ed estendersi dei focolai, possono essere interessati versanti interi, per cui la prevenzione attraverso l’asportazione delle piante attaccate perde efficacia e il controllo o la riduzione della popolazione di insetti non è più un obiettivo perseguibile.

Perché anche gli alberi infestati con la chioma verde devono essere rimossi? Non sono ancora vivi?

Non necessariamente. Anche gli alberi con la chioma verde possono essere infestati dal bostrico. L’infestazione è chiaramente riconoscibile dalla rosura marrone che il coleottero espelle scavando nella corteccia. Altri segni di infestazione sono i fori e la presenza di gocce di resina. In caso di dubbio si può verificare sotto la corteccia con un coltello.

Evidente foro di entrata del bostrico sulla corteccia

Negli stadi avanzati l’infestazione può essere riconosciuta anche dalla caduta della corteccia. Tuttavia, quando la chioma dell’abete passa dal verde al rosso o gli aghi e la corteccia cadono, di solito è già troppo tardi per combattere il bostrico. In tal caso vanno piuttosto cercati nuovi segni di infestazione nelle immediate vicinanze.

In ogni caso una pianta di abete rosso infestata dal bostrico è destinata a morire.

Le piante colpite dal bostrico devono essere sempre rimosse?

Non necessariamente. In boschi coetanei adulti o maturi con chiome raccolte in alto, l’asportazione delle piante bostricate può esporre nuovi margini al sole, indebolendo le piante e facilitando l’espansione dell’attacco. In zone dove il bosco svolge funzioni di protezione da scivolamenti di neve o da rotolamento di sassi, anche la presenza di piante secche in piedi garantisce un livello superiore di protezione rispetto ad un versante scoperto, almeno temporaneamente. Dove invece le piante bostricate si trovino su terreni ripidi, a monte e a ridosso di infrastrutture o case, può essere opportuno rimuoverle lasciando comunque le ceppaie tagliate alte e in qualche caso abbattendo alcune piante in senso perpendicolare alla pendenza a fini protettivi.

Le trappole a feromoni sono efficaci per il controllo del bostrico?

Trappola a feromoni per la cattura del bostrico

No, le trappole a feromoni non sono efficaci per la cattura del bostrico, perlomeno non nella sua fase epidemica. Nonostante il gran numero di individui che una trappola può catturare in una stagione, solo una piccola parte della popolazione può essere intercettata. Il raggio d’azione del feromone è di qualche decina di metri e anche se le trappole sono posizionate una vicino all’altra, in modo da creare una nuvola di feromone all’interno di un’area aperta, si riesce a intercettare solo una minima parte della popolazione di scolitidi. Ci sono diverse ragioni per questo:

  • la risposta degli adulti ai feromoni non è sempre uguale, e può essere influenzata da vari fattori;
  • il potere attrattivo delle piante, dovuto sia al feromone di aggregazione emesso dagli adulti all’interno delle stesse, sia a composti volatili prodotti dagli alberi attaccati e/o stressati (cairomoni), è spesso maggiore di quello del feromone sintetico;
  • molti si muovono nello spazio della chioma o nel fusto e quindi non raggiungono l’area della nuvola di feromone;
  • le trappole possono essere posizionate solo ad una distanza di sicurezza dal soprassuolo, quindi vengono catturati solo i coleotteri che si trovano nella zona di azione della trappola, cioè fuori dal soprassuolo o ai margini delle fratte da vento;
  • l’uso intensivo delle trappole per la cattura massale comporta alti costi di controllo e manutenzione. I feromoni, infatti, evaporano in estate entro poche settimane e devono essere sostituiti. Altro tempo è necessario per controllare, svuotare e se necessario pulire la trappola, almeno ogni 14 giorni.

La trappola a feromoni non è adatta quindi per un riduzione efficace delle popolazioni di bostrico, quanto piuttosto per un controllo delle densità di coleotteri esistenti, per monitorare l’attività di sciamatura e per stimare il potenziale di riproduzione.

Come intervenire con i tagli nelle aree colpite dal bostrico?

In caso di schianti da neve o da vento, nel caso di boschi a prevalenza di abete rosso, la prima misura da adottare è la rimozione o scortecciatura delle piante colpite e di tutto il potenziale materiale riproduttivo (alberi caduti o tronchi con corteccia), prima che la nuova generazione di adulti sfarfalli. L’asportazione è tanto più importante quanto più il materiale danneggiato è sparso e può quindi costituire più a lungo un substrato di possibile diffusione del coleottero, anche se in genere la raccolta di schianti sparsi è più costosa rispetto agli schianti concentrati.

L’intervento efficace per la riduzione della popolazione di bostrico deve interessare le piante con chioma ancora verde, che vedono ancora la presenza sotto corteccia dell’insetto. La rimozione di piante a chioma arrossata o già grigia non ha più efficacia preventiva per la diffusione dell’insetto, in quanto gli insetti si sono già involati.

Peraltro l’individuazione delle piante infestate ancora verdi è particolarmente complessa, in quanto spesso gli insetti sono situati nella parte alta della chioma e diventa di difficile attuazione quando i focolai di infestazione sono molti e ravvicinati.

Sotto il profilo operativo vanno pertanto distinte due situazioni diverse, che richiedono diversi approcci selvicolturali.

  • Popolazione di bostrico in fase endemica, con pochi focolai distanti ed isolati. In questo caso la pratica tradizionale di riduzione sul nascere della popolazione può ancora avere effetto. L’asportazione deve avvenire prima della fase di sfarfallamento degli adulti che hanno svernato sotto corteccia (entro marzo-aprile) o prima dello sfarfallamento della prima generazione (generalmente entro giugno). L’assegno deve asportare soprattutto le piante verdi infestate attorno al nucleo arrossato, in modo da trovare un margine stabile che può essere dato da una composizione diversa del bosco, da piante più giovani o con chioma profonda, da un cambio di morfologia. La creazione di nuovi margini, soprattutto se non sufficientemente stabili, espone infatti le piante di margine a stress e può favorire l’ulteriore espansione dell’attacco

Focolaio in fase iniziale o di tipo endemico

  • Popolazione di bostrico in fase epidemica, con molti focolai ravvicinati o focolai molto estesi. In questo caso diventa praticamente impossibile contenere la popolazione dell’insetto attraverso una lotta di tipo selvicolturale, per la difficoltà di individuare in tempi utili tutte le piante verdi infestate. L’eccessiva fretta nell’asportare le piante infestate può avere addirittura un effetto contrario, esponendo nuovi margini a stress e danneggiando i vari antagonisti naturali presenti nei boschi (predatori, parassiti, ecc.) e che in molti casi si sviluppano con un leggero ritardo temporale rispetto al bostrico. In questi casi, piuttosto, è meglio attendere che l’attacco si stabilizzi per effettuare l’assegnazione e l’utilizzazione delle piante.

Infestazione epidemica

Quale strategia adottare per la difesa dal bostrico?

La migliore strategia per contenere i danni da bostrico resta la prevenzione.

Il recupero degli schianti in tempi tali da ridurre il pericolo di infestazione (entro un anno) è facilitato nel caso di perturbazioni da vento o da neve localizzate. Nel caso di schianti estesi ad un’intera regione ciò evidentemente è più difficile e la pullulazione diventa inevitabile, anche se restano incerte l’entità e la durata, che dipendono molto anche dall’andamento climatico. In genere, anche sulla base delle esperienze centro europee seguite alle tempeste Gudrum, Lothar e Vivian, la durata della pullulazione può arrivare a 5-6 anni o più dopo l’evento iniziale.

E’ opportuno allora cercare di intervenire ancor prima, in tutti i casi dove è possibile, con la creazione di boschi misti con varie specie e ben strutturati, con piante di classi di età diverse. Questo tipo di boschi infatti è più capace di resistere in caso di pullulazioni ed è in grado di ricostituirsi prima, nel caso di infestazioni che portino alla perdita dell’abete rosso.

Tale orientamento è ancora più importante se si considera il previsto aumento delle temperature medie causato dai cambiamenti climatici, che potrebbe accrescere il rischio di pullulazioni di bostrico nei prossimi anni.

QUALITA' DEL LEGNO BOSTRICATO

Il legno delle piante attaccate dal bostrico è utilizzabile solamente come legna da ardere?

No, le gallerie scavate dal bostrico non penetrano nel legno e quindi le caratteristiche tecnologiche del materiale non vengono alterate direttamente dall’azione dello scolitide, consentendone l’utilizzo come legname da opera.

Gli attacchi di bostrico arrecano danni secondari al legname?

Il legname attaccato dal bostrico può andare incontro in tempi più o meno lunghi a decadimenti estetici e tecnologici, dovuti sia a cause biotiche che abiotiche.

Cause biotiche:

  • Azzurramento: alterazione del colore del legno causato da funghi trasportati all’interno della pianta prevalentemente dagli insetti scolitidi. Le caratteristiche tecnologiche del legno non vengono modificate, ma l’alterazione cromatica, che avviene soprattutto con condizioni climatiche calde e umide, rende il legname inadatto per gli impieghi “a vista”, consentendone l’utilizzo solamente per realizzare manufatti non visibili o verniciati.
  • Gallerie scavate da xylofagi secondari: le piante secche in piedi, ma anche quelle già tagliate e conservate in catasta, possono essere soggette all’attacco di insetti che si sviluppano all’interno del legno, rendendo quest’ultimo inadatto alla segagione. Oltre al danno causato direttamente attraverso l’azione di rosura, anche questi insetti possono trasportare nel legno funghi che ne alterano la struttura.

Cause abiotiche:

  • Il materiale legnoso secco in piedi può presentare tensioni, ritiri e fessurazioni che determinano una riduzione della resa di lavorazione, sia al momento delle utilizzazioni forestali che della segagione in segheria.

ASPETTI PRATICO-GESTIONALI

Il mio bosco è gestito secondo un piano di gestione forestale. Posso utilizzare il legname attaccato dal bostrico?

Sì. Le piante colpite dal bostrico sono destinate a morire e pertanto devono essere asportate prioritariamente dal bosco, sia perché possono costituire un pericolo per l’ulteriore diffusione dell’insetto, sia perchè comunque smettono di produrre incremento e ripresa e, quindi, la loro asportazione è prioritaria rispetto all’assegnazione di piante sane.

 

Per utilizzare il legname colpito da bostrico ho bisogno di un’autorizzazione?

Sì. Per poter essere efficace l’intervento di prevenzione deve asportare soprattutto piante attaccate, ma ancora verdi, che devono essere riconosciute; inoltre, deve attestarsi su margini stabili e può, in situazioni particolari, prevedere il taglio di ceppaie alte o il rilascio di piante in piedi con chioma arrossata o grigia, per proteggere margini sani o per ridurre il rischio di scivolamenti nevosi o rotolamento di sassi su aree sensibili. Per tale motivo gli interventi di rimozione delle piante bostricate vanno progettati e autorizzati.

 

Devo vendere o utilizzare del legname attaccato dal bostrico. Dove posso trovare un’impresa per fare il lavoro?

Sul sito Legno Trentino (https://www.legnotrentino.it/) posso trovare un elenco delle imprese boschive che effettuano utilizzazioni forestali o che comprano legname. Se gestisco una proprietà pubblica e voglio commercializzare il legname tagliato, devo incaricare obbligatoriamente imprese iscritte all’elenco delle imprese boschive della provincia di Trento.

 

La mia proprietà è in una zona interessata da pullulazioni di bostrico. Posso assegnare ed utilizzare un lotto di abete rosso sano?

Se nell’area dove si trova il mio bosco sono presenti molti focolai di bostrico, il taglio di piante sane in zone non ancora colpite rischia di facilitare la diffusione dell’insetto, che trova nuove piante sottoposte a stress sui margini della tagliata e può facilmente attaccare le piante lasciate in piedi sulla mia proprietà o su quelle limitrofe. Per tale motivo è opportuno evitare di effettuare tagli di legname fresco in boschi a prevalenza di abete rosso in aree con popolazioni in fase epidemica.

 

Devo fare un’utilizzazione di legname bostricato. Posso affidare l’utilizzazione ad una ditta non iscritta al registro delle imprese della provincia di Trento?

Sì, ma solo se sono un proprietario privato. La deroga alle proprietà pubbliche individuate come soggetti attuatori dal Piano d’Azione per il recupero degli schianti Vaia non si estende alle utilizzazioni di materiale colpito dal bostrico.

 

Devo procedere all’assegnazione e vendita di un lotto da bostrico. Come mi devo comportare?

Ѐ bene tenere presente che se l’utilizzazione avviene entro qualche mese dall’attacco, le caratteristiche tecnologiche del materiale legnoso sono identiche a quello verde e sano, risultando quindi appetibile alle ditte boschive. Ѐ opportuno, pertanto, mettere delle scadenze o delle clausole idonee nel progetto di taglio e nel contratto di vendita o di utilizzazione, anche perchè le piante danneggiate, anche se non utilizzate, riducono comunque l’incremento e la ripresa della proprietà forestale. Ѐ utile, inoltre, evitare di fare progetti con volumi troppo elevati, più difficilmente gestibili sotto il profilo operativo. Ѐ bene, infine, che i progetti di taglio interessino aree di intervento autonome e ben definite da limiti fisici, come crinali, strade, valloni, ecc., in modo da evitare interferenze tra ditte nel caso sia necessario assegnare lotti suppletivi.

Il mio bosco ha una funzione protettiva da scivolamenti di neve o da rotolamento di massi ed è stato attaccato dal bostrico. Ѐ opportuno asportare le piante colpite dal bostrico?

Se i boschi attaccati dal bostrico sono su versanti ripidi e svolgono funzioni protettive su infrastrutture o edifici, il taglio delle piante colpite può avere delle conseguenze gravi, in quanto una volta liberata la superficie si possono innescare fenomeni di dissesto idrogeologico e danni alle strutture sottostanti.

L’obiettivo in questo caso deve essere, a breve termine, il mantenimento seppure ridotto della funzione protettiva del versante e delle infrastrutture e, nel medio periodo, il ripristino del soprassuolo boschivo. 

Nelle zone immediatamente adiacenti alle infrastrutture protette può essere opportuno effettuare il taglio di abbattimento ad una altezza di 80-100 cm da terra e il posizionamento di alcuni tronchi lungo le curve di livello, utilizzando ove possibile le ceppaie come punto di ancoraggio. 

A distanza maggiore dalle infrastrutture le piante ormai morte  possono essere lasciate in piedi (chiome rosse, corteccia distaccata), in quanto la loro asportazione non influisce sulla densità del bostrico.

Devo procedere all’utilizzazione di un lotto di piante bostricate e al momento del taglio mi accorgo che l’infestazione si è estesa ad altre piante. Come devo comportarmi?

Qualora le piante colpite, oltre a quelle inizialmente assegnate, siano poche (10% del volume del progetto iniziale per un massimo di 30 mc), queste possono essere contrassegnate e aggiunte al piedilista del progetto di taglio iniziale come piante assegnate per cause sopravvenute.

Se invece le piante colpite dal bostrico successivamente all’assegnazione iniziale sono molte, potrà essere autorizzato un progetto di taglio suppletivo.

 

Devo procedere all’utilizzazione di un lotto di piante sane, e al momento del taglio mi accorgo che sono presenti dei danni da bostrico. Cosa devo fare?

Se avevo già venduto un lotto di piante sane e al momento dell’utilizzazione mi accorgo che sono presenti danni da bostrico, posso procedere all’integrazione dei piedilista di taglio per cause sopravvenute, se si tratta di poche piante. Se l’infestazione incide in maniera significativa sullo stato del bosco, il progetto di lotto va annullato e va redatto un nuovo progetto.

Sono previsti contributi per il recupero delle piante bostricate?

Il legname bostricato, pur avendo minor valore del legname fresco, ha comunque un prezzo di macchiatico positivo. Al momento non sono pertanto previsti contributi per l’utilizzazione di materiale bostricato.

Quanto può valere il legname bostricato che ho sulla mia proprietà?

Sul sito Legno Trentino posso trovare gli andamenti statistici del valore medio del legname per i diversi assortimenti venduti nella provincia di Trento. Si tratta di valori medi, che vanno calibrati anche in base alla posizione e alla accessibilità del lotto di legname. Per avere una valutazione più precisa posso rivolgermi al personale delle stazioni forestali e ai custodi forestali.

SITUAZIONE IN TRENTINO

A cosa servono le trappole a feromoni?

Ad attirare e catturare individui adulti in fase di volo. In situazioni di forte pullulazione, tuttavia, le trappole hanno una scarsa efficacia per il contenimento dell’epidemia, sebbene svolgano un ruolo essenziale nel monitoraggio del suo andamento. Il conteggio periodico degli individui catturati consente di verificare quando viene superata la soglia di attenzione e il raffronto tra le catture primaverili e quelle autunnali permette di fare delle proiezioni sull’andamento potenziale della pullulazione.

E’ possibile usare dati da telerilevamento per l’individuazione degli attacchi di bostrico?

Il rilevamento della cosiddetta fase di “attacco verde”, cioè il rilevamento di un’infestazione quando la chioma è verde, finora non è stato ottenuto in modo affidabile. Anche con le immagini della gamma del vicino infrarosso (NIR) non è stato possibile rilevare una chiara risposta spettrale nella fase di attacco verde. Il rilevamento dell’infestazione dall’alto funziona solo quando le chiome virano al rosso; a quel punto però i coleotteri hanno già in buona parte abbandonato le piante.

Ciononostante è possibile usare il telerilevamento indirettamente. L’individuazione delle aree dove le chiome sono già diventate rosse durante l’estate consente di localizzare i siti dove il materiale non è ancora stato asportato. Laddove il coleottero ha abbandonato piante già morte, ci si può aspettare una nuova infestazione nelle immediate vicinanze. Le mappe create con i dati satellitari possono consentire di ridurre lo sforzo di segnalazione delle aree colpite da parte dei distretti forestali, aiutando a prevenire l’ulteriore diffusione del bostrico. Attualmente sono in corso contatti con la Fondazione Mach per mettere a punto un sistema di rilevazione automatica attraverso il telerilevamento.

Quale è lo stato attuale della pullulazione in provincia di Trento?

Nel corso del 2019 erano già stati riscontrati aumenti delle catture di bostrico nelle 220 trappole distribuite sul territorio provinciale subito dopo la tempesta Vaia, soprattutto nella parte meridionale della provincia, peraltro non particolarmente colpita dagli schianti. 

Nel corso del 2020 l’effetto Vaia si è reso più evidente, con un incremento significativo delle catture in tutto il settore nord orientale della provincia, in particolare nei distretti a sud della catena del Lagorai (Pergine Valsugana e Borgo Valsugana), superando in quasi l’80% delle trappole la soglia di attenzione di 8000 individui per trappola, oltre la quale le popolazioni sono da ritenersi in fase epidemica di rapida e intensa crescita. Tale dinamica è stata favorita, oltre che dalla quantità di materiale ancora presente in bosco, anche dall’andamento meteorologico dell’inverno 2019-2020 e della primavera successiva, che ha consentito alle popolazioni di bostrico una maggiore sopravvivenza alla stagione invernale e un netto anticipo del volo degli svernanti e, quindi, della diffusione.

L’effetto di tale evoluzione si è reso evidente nel corso del 2021, durante il quale, nonostante la prolungata stagione invernale e l’assenza di periodi siccitosi nella generalità dei distretti forestali, si sono manifestati arrossamenti e morie di abete rosso diffusi, con particolare incidenza sui distretti orientali di Pergine Valsugana, Borgo Valsugana, Cavalese e Primiero, maggiormente colpiti da Vaia, ma con attacchi visibili anche negli altri distretti.

Una proiezione sul possibile andamento della pullulazione nel prossimo anno potrà essere fatta a conclusione dell’elaborazione dei dati raccolti nel 2021 nelle trappole di monitoraggio. A livello indicativo, le popolazioni appaiono ancora in fase di espansione nella parte del territorio più colpita dalla tempesta Vaia, con una tendenza allo spostamento verso quote più elevate, mentre nelle aree più calde e meridionali della provincia il picco potrebbe essere stato già raggiunto, pur potendo presentare una variabilità locale delle situazioni.